Visualizzazione post con etichetta wild. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta wild. Mostra tutti i post

giovedì 10 aprile 2014

My life in Tanzania (Capitolo 21) 'Considerazioni'

Ciao a tutti!!

Qualche giorno fa è stata pubblicata la mia intervista su Italiansinfuga .
Non mi avevano mai fatto un'intervista nella mia vita. Tanto meno sul Blog,figuriamoci.
Quindi ci ho messo un po’ per riflettere sulle risposte.
Chiaro è che era  un' intervista generica e  ho dovuto in poche righe parlare della Tanzania e del Blog.
Cosa non semplice.
Pochi giorni dopo ne è stata pubblicata un’altra per un altro sito,in lingua inglese su   xpatgirls.com .
Tre giorni fa è stata pubblicata un'altra per Viviallestero.com .
Grazie a queste interviste il numero dei lettori è aumentato notevolmente.
Il Blog inizia a girare davvero.
Per quanto io volessi inizialmente evitare di collegarlo a Facebook o ad altri social networks mi resi conto sin da subito che questo era pressoché impossibile.
O perlomeno,non avrei avuto lo stesso numero di lettori.
Per esempio Instagram.
Ho creato un profilo ‘mylifeintanzania’che sta riscuotendo un discreto ma inaspettato successo.
Le immagini in effetti,hanno il loro fascino e sono quelle a colpirti prima delle parole.
E per le parole ,per leggere dunque , serve tempo che non tutti, mi rendo conto ,possiedono.
Grazie a questo Blog sono riuscita a mettere luce su alcuni punti della mia vita e sono riuscita finalmente ad ammettere quanto davvero io sia stata fortunata ad avere avuto la possibilità di una esperienza del genere.
Con il mio blog ho cercato di comunicare inizialmente, come un evento terribile,come perdere il lavoro,possa poi essere usato come “scusa” per poter chiudere una porta nella propria vita e aprire il “famoso”portone di cui si parla spesso.
Non tutto il male viene per nuocere.
Bisogna guardare sempre il lato positivo delle cose, o almeno provarci.
Il primo passo è fondamentale. Non aspettarti che lo facciano gli altri per te.
Tu sei il responsabile di te stesso.
Non permettere mai agli altri di dirti cosa è giusto o non è giusto per te.
Non permettere che i giudizi degli altri ti feriscano e  blocchino il tuo percorso.
Non permettere agli altri di dire chi sei tu.

La Tanzania è una terra meravigliosa.
Senza questa esperienza in Tanzania non avrei mai imparato tutto ciò,non avrei mai visto tutto ciò.
Non avrei avuto modo di arricchire la mia vita con simili esperienze.
Aveva ragione il mio amico M. di cui ho parlato nel capitolo 5 , gli aspetti negativi sono stati superati dagli aspetti positivi
E inizialmente non lo avrei mai detto.
Per esempio,le persone care.Gli affetti.
Questa lontananza "forzata" mi ha fatto capire  quali sono i veri affetti.
Gli amici,quelli veri,ci sono sempre. Anche se vivi a 20.000 km di distanza.
Il post  in assoluto più letto è stato il 16° ‘Che se magna in Tanzania’.
E mi fa ridere perché è stato un post che ho buttato così … senza troppi pensieri.Non mi aspettavo tanto.
Quello che invece è stato per me uno dei più “sentiti” è l’intervista con Akaro (capitolo 19) che è stata davvero emozionante per me. Però ha avuto meno lettori del numero 16.
Strano,no?
Mi piace sapere come il lettore percepisce i miei post.
Le idee mi vengono anche così.
Mi vengono dai commenti e dalle considerazioni dei lettori.
Per questo motivo vi invito ancora a farmi domande e a scrivermi.
Mi fa piacere aver scatenato in voi questa curiosità. La curiosità di capire come si vive in una  grande città di un continente africano.
Del resto io per prima ne sono stata colpita ed è per questo motivo che ho pensato all’idea di questo BLOG.
Ero un po’ restia inizialmente, perché avevo paura di apparire a volte troppo superficiale( per esempio con la twerk dance,capitolo 18) o forse un po’ egocentrica nel raccontare la mia vita attraverso i post(i primi capitoli,in cui parlo unicamente di me)
L’idea che il70 % , credo,delle persone  ha dell’Africa (compresa la mia ,in passato) è completamente differente da quella che invece  è realmente.
Innanzitutto l’Africa ,non dimentichiamo, che è un continente e come tale gli stati sono diversissimi tra loro.
A loro volta gli stati ,presentano tante differenze al loro interno.  
La mia esperienza è relativa principalmente a Dar es Salaam dove vivo, ai Safari e agli altri mini viaggi che ho fatto in quest’ultimo anno.
Probabilmente chi va in Botswana ha un’esperienza,chi va in Congo ne avrà un’altra completamente opposta.
Una delle cose che questa esperienza mi sta insegnando è proprio a non dare le cose per scontate come spesso,involontariamente, tendevo a fare.

Con questo post sto  solo  semplicemente traendo, in qualche modo, le  "conclusioni" di questi primi 3 mesi del blog  e ringraziarvi per la vostra partecipazione.

Tutaonana!!
(a presto!!)










martedì 8 aprile 2014

My life in Tanzania(Capitolo 20) 'Trasporto pubblico a Dar es Salaam'



 La frase ironica di LUI, nei miei primi giorni a Dar es Salaam ,era:


 “ ‘A Va…pijamose er DALLA DALLA”


Dalla Dalla (Dar es Salaam)




Il Dalla Dalla è il bus che fa parte del trasporto pubblico di Dar es Salaam.
Dicevo “ironica” perché vedeva la mia faccia sconvolta mentre guardavo
 questi bus minuscoli ma stracolmi di gente all’ inverosimile.

E' decisamente differente dal Bajaj che è invece una sorta di taxi privato (vedi capitolo 9).
Bajaj


Il Dalla Dalla è chiamato così  da “dollar-dollar” in quanto pare che il prezzo fosse proprio 1 dollaro.
Questi mini-pullmini ,che provengono dal Giappone,sono tantissimi.Anche se minimamente sufficienti alla numerosa popolazione di Dar.
Gli autobus non hanno i numeri come da noi. Ogni bus infatti, ha  una scritta ,nella parte anteriore,che ti dice la direzione .Stop. 
Non è molto semplice utilizzarlo, in quanto non essendoci il numero devi avere almeno una cartina per capire quale sia il Dalla-Dalla giusto.

Dalla Dalla(Dar es Salaam)

Il dalla-dalla all’orario di punta è stracolmo di gente. Credo che ,sulla carta ,abbia una capienza di 20 persone ma ne trasporti anche 50.
O forse anche di più.
L’aria dentro è irrespirabile,spesso i finestrini sono rotti così da evitare ogni possibile riciclo di aria.
Il Costo è di 500 Tsh (Tanzanian scelling) ovvero 20 centesimi di Euro. Può aumentare fino a 800 Scellini se fai un percorso più lungo.
Il Dalla Dalla è un'esperienza di vita che va fatta. Per un europeo potrebbe essere un’esperienza incredibile. O orribile.
Dipende dai punti di vista.
Ovviamente per scrivere questo post  ho dovuto fare necessariamente questa esperienza. Strano ma vero, non avevo mai preso il Dalla-Dalla.



Impieghi il triplo del tempo per fare lo stesso percorso che faresti in Bajaj o in scooter.
Quindi a conti fatti non  conviene. Chiaramente a me, perché  posso permettermi mezzi alternativi.
E ho praticamente “costretto” LUI  a prenderlo con me.
Non so se fosse più divertente il Dalla-Dalla o la sua faccia scocciata e terrorizzata allo stesso tempo.


Funziona così.
Ti metti li alla fermata. E aspetti.
 La fermata non è però sempre  segnalata .
Se non è segnalata lo puoi intuire.
Da cosa?
 Spesso vedi   tanta gente in piedi che aspetta in un determinato punto e questo può portarti alla conclusione che quella sia proprio una fermata dell’autobus.
 Chiaramente il tempo di attesa è variabile. Varia dai 5 ai 90 minuti.
Ma pure a Catania. E pure a Roma.
Quindi la cosa  non mi sconvolge .
Quando arriva ,sali su. E li, vince il più forte.
Staffetta con salto triplo.
Pugni e gomitate.
Oltre all’autista c’è  un altro uomo, una specie di controllore ,che  è li per farti il biglietto. Che si fa SOLO a bordo.
Se sei fortunato trovi posto. Altrimenti aspetti in piedi.
Ora c’è da dire che noi abbiamo preso il Dalla- Dalla in un giorno festivo, di domenica. Quando non c’è quasi nessuno.

 Cosi  so’ boni tutti , diceva LUI.

Sei figo e meriti rispetto se riesci a prenderlo ,invece, all’orario di punta  di un giorno feriale con 50 persone all’interno .E  qualche gallina.
Hai tutta la mia ammirazione in questo caso.
Quando  la tua fermata si avvicina non è che chiaramente premi il pulsante.
Il pulsante non c’è.
Quindi per “prenotare” la fermata devi semplicemente urlare.
Se tu non hai la voce adatta,chiedi gentilmente a qualcuno di urlarlo per te .O se sei vicino lo dici al controllore.
Per quanto io adesso voglia ironizzarci su (il mio blog ha sempre una base ironica ,come sapete)vi dico che ammiro ,ma proprio tanto ,la gente che la mattina si fa anche 2 ore su questi mezzi per andare a lavorare. Dopo 10 ore o più di lavoro non deve essere piacevole .E ricordiamoci le temperature. Che la mattina possono arrivare tranquillamente a 35 °C.
Se piove è pure peggio perché le strade si allagano e le corsie possono ridursi da due  a mezza.
Con la conseguenza che il traffico non raddoppia, ma si moltiplica.
Per loro è una lotta,come disse il mio amico Christopher,che lo prendeva tutti i giorni.
E’ una lotta riuscire a prenderlo ogni mattina. Spesso sono talmente pieni che non puoi neanche salirci e devi aspettare il prossimo.
Ma anche questo mi era noto in Italia, quindi non dubbiamo stupirci.
Se l'autista del Bajaj è un folle,l'autista del Dalla-Dalla è un pazzo criminale.
Ho visto fare cose agli autisti del dalla dalla che noi umani non possiamo neanche immaginare.
Li ho visti fare rapidi sorpassi invadendo interamente la corsia opposta e costringendo il mezzo su quella strada a fare a sua volta manovre impossibili.
Frecce inesistenti.
Il vero pericolo di Dar es Salaam è il Dalla Dalla.
Una volta averne preso atto, la tua vita ,nella città tanzaniana,sarà completamente diversa.
Il progetto di cambiare i mezzi dei trasporti pubblici è presente  e piano piano stanno cercando di introdurre nuovi mezzi molto più capienti.

Chiaramente questo lascia il tempo che trova.
Al momento ci teniamo i nostri Dalla-Dalla.

E staremo a vedere...











 
Dalla Dalla di Zanzibar

Dalla Dalla di Zanzibar

Dalla Dalla di Zanzibar



martedì 1 aprile 2014

My life in Tanzanìa(Capitolo 19) 'Intervista di un Masai'

Oggi parleremo di un altro aspetto che crea molta curiosità.

La tribù MASAI.

I Masai risiedono in Kenya e in Tanzania.
Sono suddivisi in clan e sottoclan e parlano una loro lingua il  MAA.
Tradizionalmente sono un popolo semi-nomade formato da pastori. Oggi invece si trovano in zone precise del paese come Tsavo ,Amboseli, e Masai Mara.
La loro cultura è basata sull’allevamento del bestiame.
Latte e carne per l’alimentazione. Cuoio e pellame  per  l’abbigliamento.
Recentemente anche riso e patate.
Vivono in una società patriarcale. Gli anziani si incontrano per questioni di carattere generale riguardo la tribù e hanno un potere quasi assoluto per la comunità. Anche per questioni di tipo legale.
La punizione dipende dal tipo di reato. Per le cose più semplici basta una richiesta di scuse o un pagamento di una multa sottoforma di bestiame.
Per i casi più gravi ,come un assassinio,potrebbe essere costretto a non poter più passare nelle terre del clan della vittima o potrebbe essere ucciso dalla famiglia di questi senza essere considerati colpevoli.
La vita di un Masai è caratterizzata da riti e cerimonie che segnano passaggi del suo status, dalla nascita alla morte. Questi riti non fanno altro che accrescere il prestigio sociale.
Per gli uomini oltre ai riti di nascita e morte ci sono i riti di moran (guerriero),”giovane anziano” e “anziano”.
Le donne , dopo il matrimonio ,seguono i riti del marito.
Vivono in delle abitazioni chiamate inkajijik ,fatte di rami ,fango e sterco di animale essiccato. Prevedono un recinto spinoso esterno per proteggersi dagli animali selvatici e un recinto spinoso all’interno per accogliere il loro bestiame la sera.
La prima casa sulla destra dall’entrata principale è la casa del capo famiglia ,poi a seguire la moglie e i figli. I  figli dormono per conto proprio dall’età di 5 anni. Dormono tutti separati,anche marito e moglie.





All’interno la casa è divisa in 3 sezioni. Al centro un focolare per cucinare,da una parte il letto della persona e dall’altra parte un letto per bambini piccoli o un ripostiglio.
Personalmente,essendoci entrata vi dico che è davvero microscopico. Assurdo come riescano a mantenere tutto in così poco spazio.
L’altezza della casa è 1.5 mt.
Il loro abbigliamento è particolare.
I masai hanno cambiato modo di vestire con l’arrivo degli inglesi. Dei colonizzatori.
Prima usavano infatti principalmente pellame,adesso invece utilizzano le tipiche coperte chiamate Shuka.








Sono di cotone a quadri, con colori predominanti rossi e neri per gli uomini. Le donne invece hanno delle tuniche blu,rosse o nere.
Il colore può indicare lo status sociale. Le calzature sono sandali di cuoio o ottenuti da copertoni delle auto.
Particolari sono anche bracciali e collane,i quali colori indicano il clan di appartenenza e lo status della persona. Gli uomini hanno un braccialetto di metallo che è estremamente importante perché viene tramandato dal padre ,prima di morire ,al figlio migliore. E’ quindi un segno di rispetto e di saggezza.
Alcuni masai non rimangono nei villaggi ma vanno a cercare lavoro altrove.
Molti vanno nelle zone turistiche come Zanzibar e alcuni si trasferiscono in città.
Molti Masai, infatti, sono a Dar es Salaam .
Principalmente si occupano di security. Li trovi infatti fuori dai supermercati ,alberghi ,ristoranti ,clubs e discoteche. Sono assunti dal proprietario e il loro principale compito è quello appunto di mantenere la sicurezza e di controllare le auto dei clienti.
Non chiedono assolutamente denaro ma se glielo dai,non si rifiutano di certo.
Per entrare meglio nella vita di un Masai, ho deciso di fare un’ intervista.
Così ho chiesto a un mio amico masai se fosse disponibile.
Lui, ovviamente, è stato felicissimo di accettare.

Lui si chiama Akaro.




-Ciao Akaro! Prima di tutto vorrei dirti GRAZIE per avermi dato questa splendida opportunità di intervistarti. Non è una cosa che capita tutti i giorni incontrare un Masai e di fargli delle domande!
Il piacere è tutto mio,anche a me piace raccontare della nostra tribù e so che voi occidentali ne siete affascinati.
-Esatto!Allora dimmi…quanti anni hai e da dove vieni?
Ho 31 anni. Vengo da Kiteto, un distretto a Nord della Tanzania e il mio villaggio si chiama Msata.
-Da quanto vivi a Dar es Salaam?
Vivo a Dar es Salaam da circa un anno e mezzo.
-Ti piace Dar?
Devo rispondere sinceramente?(ride)
No. Non mi piace. La trovo una città caotica e troppo trafficata. Qui non sto bene. Mi sento fuori posto delle volte. E’ completamente diversa dal villaggio da dove provengo io dove invece regna pace e tranquillità .Anche la gente è profondamente differente. Qui sono tutti più nervosi.
Ci vivo unicamente per lavoro,se potessi tornerei al mio villaggio.
-Sono d’accordo,anche io non amo particolarmente il traffico di Dar. Cosa fai a Dar es Salaam?
Faccio sicurezza presso un Hotel. Da un anno circa. Lo stipendio è basso ma me lo faccio bastare.
Divido casa  con un mio amico, un altro Masai.
Per noi è molto caro vivere a Dar.
-Questo è il tuo primo lavoro dopo che hai lasciato il tuo villaggio?
No, è il mio secondo lavoro. Ho lavorato per due anni per un uomo inglese che faceva il fotografo.
-E di cosa ti occupavi esattamente?
Lui lavorava per una grossa azienda e faceva appunto il fotografo.
 Io ero il suo aiutante.
Mi ha insegnato tantissime cose. E’ il mio migliore amico adesso. Si chiama John.
Io lo aiutavo a fare dei reportages,ad andare in zone dove noi masai abbiamo più facilmente accesso.
-Quindi è per questo motivo che parli così bene in inglese?Dove lo hai imparato?
Me lo ha insegnato John.
Quando lo conobbi ad Arusha, lui era in cerca di un aiutante per il suo progetto.
Gli dissi che potevo aiutarlo ma che non parlavo quasi inglese. E lui mi disse che mi avrebbe insegnato a parlarlo come lui.
E così è stato.
-Cioè tu vuoi dirmi che parli così bene in inglese senza mai aver fatto mai una lezione?
Si è così. E’ stata tutta opera di John! (Ride)
-Stupefacente. Complimenti! Ma tu parli anche swahili (la lingua ufficiale della Tanzania) e il maa (lingua dei masai)?
Si ,parlo entrambe le lingue. Il Maa lo parlo con la mia famiglia e lo swahili l’ho imparato da piccolo quando andavamo fuori dai villaggi,nei mercati per acquistare e vendere i nostri prodotti.
-Mi lasci senza parole!Parlami della tua famiglia. Loro vivono tutti a Msata?
Si vivono  li. Loro continuano a vivere di pascolo.
Oltre ai miei genitori,ho una sorella più grande e un fratello più giovane.
Tu sei andato a scuola?
No. Mio padre preferiva mi occupassi dei nostri pascoli e della nostra terra.
Però ho imparato oltre all’inglese altre materie da John.Come la matematica.
 Mio fratello però va all’università.
Tuo fratello va all’università??
Si,studia Chimica all’università di Arusha.
John ha finanziato i suoi studi. Anche per questo gli devo tanto.
Mio padre non voleva,perché diceva che doveva rimanere li al villaggio per lavorare ,ma per fortuna John,mia madre e un mio zio sono riusciti a fargli cambiare idea. Abbiamo anche venduto 5 mucche per dargli altro denaro.
-Questo John deve essere una persona meravigliosa!
Raccontaci della tua infanzia. I primi ricordi che ti vengono in mente.
Mi sono sempre preso cura della nostra terra e dei nostri animali sin da piccolissimo.
Il primo ricordo risale verso i 9-10 anni quando mio padre mi tolse gli incisivi con il coltello.
Anche questo so che ti scioccherà!
Davvero?E perché??
E’ tradizione .Un nostro rito .Però mi sono fatto abbastanza male !(ride)
-Ci credo che te lo ricordi ancora. So che sono molto importanti per voi i riti. Quelli che segnano i passaggi della vostra vita. Parlamene un po’.
Si,moltissimo .Verso i 7-10 anni c’è quella de laiuni in cui avviene la cerimonia della circoncisione.
Poi quella del Moran * dai 15 ai 30 anni. Poi Orpanian * e poi Orcuvia* ( molto grande)  .Ci differenziamo con i vestiti o con gli accessori.
-Chi è che decide il passaggio?
 L’anziano del villaggio. E’ lui che ci fa passare da uno status a un altro. Io adesso sono un Moran.
-Chi ti da questa stoffa?
Me l’ha data mio padre. Sono due pezzi di stoffa legati con una cintura di cuoio .Ne ho un ricambio quando lo devo lavare.
Si compra al mercato delle stoffe. Si chiama Shuka.
-E il bastone?
Il bastone mi viene dato per la prima volta da molto piccolo.
Verso i 5 anni quando mi mandarono  nei pascoli, nelle foreste. E’ un modo per addestrare i ragazzi. Per due/tre mesi sei solo e devi cavartela da solo. Ogni tanto viene qualcuno a portarci del cibo e a farci fare un vero e proprio allenamento di corsa e resistenza.
Cosa mangiate?
Mi manca tanto il mio cibo. Qui a Dar non posso mangiare le cose che mangiavo nel mio villaggio.
Nella nostra terra la nostra alimentazione si basa su carne ,sangue e latte principalmente .
Qui a Dar la carne e il latte sono molto cari.
Quindi mangio principalmente ugali  e verdure.
Ti manca casa tua?
Si,tanto. Torno a casa ogni 2-3 mesi durante i giorni festivi. Vado in autobus. Il viaggio dura 8 ore e costa 20.000 Scellini. Molto caro. (meno di 10€)
Akaro ma gli accessori che indossi hanno un significato particolare?
Si ,sono l’appartenenza alla tribù.
Sono stati fatti a mano da mia sorella.




Akaro io avrei mille cose cose ancora da chiederti. La tua storia è davvero interessante.
Per questa volta però ci fermiamo qui.
Ti ringrazio tanto per la tua disponibilità!
Grazie a te Valentina è stato un piacere parlare con te!



Questa è la mia intervista. E’durata più o meno mezzoretta ma poi lui doveva tornare al lavoro e abbiamo dovuto terminare in fretta.
Akaro, pur avendo imparato a scrivere dal suo amico John (una persona semplicemente meravigliosa) mi ha mostrato qualche difficoltà nei nomi nella lingua “Maa”.
*Questo per dirvi che la pronuncia è quella che ho scritto , ma, ecco, non ci metterei la mano sul fuoco per quanto riguarda il modo esatto in cui si scrive.
Appena arrivai a Dar fui colpita da questa gente. Mi incuriosivano tanto. E tutt’ora mi piace scherzare con loro e farmi raccontare qualche storia.
Spero di riuscire  a parlare ancora con Akaro e di raccontarvi altre curiosità sulla tribù Masai.

Alla prossima!









                .










mercoledì 26 marzo 2014

My life in Tanzanìa (Capitolo 18) - 'Nightlife a Dar es Salaam :gli inventori del twerking'-


Quando posto  delle foto  su facebook sulla vita notturna di Dar spesso mi viene chiesto

“a Dar esiste una vita notturna?!?”

Dando quasi per scontato che sia completamente assente.
Ebbene si.
 Esiste. E chiaramente non solo per  i Mzungu (musi bianchi) come me.
Loro,i tanzaniani, hanno anche un'
 intensa vita notturna.
Per certe cose non è neanche così diversa dalla nostra.
Nel senso,che ci si ritrova con gli amici e si prende insieme qualcosa da bere.
 Il concetto rimane quello.
Una cosa bellissima da fare qui è andare in spiaggia. Le spiagge ,per il tanzaniano medio,hanno una funzione completamente diversa dalla nostra. Le spiagge non sono piene di lettini e gente super tatuata che mostra muscoli , addominali e tette plastificate.
Le spiagge sono un luogo di incontro.
 Molti bar sono, infatti, sulla spiaggia e si va li per incontrare gli amici e bere una birra o una Tangawizi (bevanda allo zenzero,vedi  capitolo 16).
E ci si va in genere di pomeriggio,verso le 17.Un po’ come gli inglesi che vanno al pub.
In spiaggia puoi stare li a guardare cose assurde. C’è chi gioca a calcio,chi va in moto,chi fa giochi acrobatici o chi semplicemente si rilassa .Sicuramente non per fare il bagno,visto che molti non sanno nuotare.
Una delle mie spiagge  preferite è Coco Beach ma anche Mbalamwezi beach  (leggi mbalambuezi) non mi dispiace per nulla.


Mbalamwezi Beach

Mbalamwezi beach

Coco beach

Coco beach

Bagamoyo beach

Bagamoyo beach

Mishikaki e Patatine

Bagamoyo beach

Bagamoyo beach

Bagamoyo beach

Bagamoyo beach

Bagamoyo beach





La nightlife può iniziare così.
Può continuare  nello stesso posto  cenando magari con un piatto di Mishkaki (spiedini di carne)con patatine fritte oppure andare da un’altra parte.
Non ci sono tantissimi pubs,bars o clubs come da noi in Europa ,ma ne hanno un discreto numero.
Molti  locali fanno musica dal vivo o serate a tema.
Funziona più o meno come da noi.
Solo che loro bevono tanto. Ovvero. Sono molto simili ai loro colonizzatori di un tempo,gli inglesi. Bevono tanto,tantissimo. Hanno una settimana lavorativa (lunedì -venerdì) calma e poi il weekend si distruggono. Ma si distruggono esageratamente a volte. Proprio come in Inghilterra.
Durante il weekend  i locali organizzano anche delle vere e proprie discoteche. Le più belle sono sulla spiaggia,ovviamente. Le serate in discoteca non iniziano prima dell’una.
La musica in genere è la classica commerciale che c’è anche da noi. 
Magari con qualche colpo anni 90.
E ogni tanto inseriscono qualcosa Indian style  ,vista l’alta percentuale di indiani (il deejay passa da  Bob Sinclar alla  bolliwood  music senza nessuna pietà).
 Le ragazze tanzaniane non hanno alcun minimo pudore in quanto ad abbigliamento (altra caratteristica in comune con gli inglesi).
Sono tutte abbastanza “in carne” e non si creano minimante problemi ad indossare un vestito stretch bianco che farebbe sembrare grassa pure Heidi Klum .
Loro hanno un concetto diverso della magrezza.Per loro più sei in carne ,più sei figa.
Azz… sono nata nel continente sbagliato.
 Il concetto di dieta non è proprio previsto.
L’essere in carne è associato al benessere. Al vivere bene.
Se vedi una tanzaniana in forma e sportiva  (fit) è in genere perché probabilmente è benestante e ha passato metà della sua vita in Europa o in posti simili,prendendo di conseguenza le abitudini occidentali (sono molte,soprattutto a Dar.)
Il tacco in genere è almeno di 15 cm o anche di più.
 Non vogliono passare inosservate.
Ballano tutti.Hanno inevitabilmente una marcia in più di noi.Il ritmo è nel sangue. Ballano anche le donne molto grandi. Le loro danze nazionali sono molto belle.
Ci hanno mostrato qualcosa vicino Arusha una sera.




E loro sono gli inventori del TWERKING che in Italia sta spopolando in un noto programma televisivo su Italia uno.
Da loro si fa twerking da anni.
Daje de twerking
Le prime volte che le ho viste fare questo tipo di danze sono rimasta con la bocca aperta.
Cioè tranquillamente, con un certo savoir faire aggiungo, loro si mettono li in pista e fanno questo movimento che non è poi neanche facile. 
Ore di twerking.Serate di twerking.
Cambia la musica ma loro stanno a fare twerk.E nn si fermano.
E lo fanno tutte. Mica solo quelle più disinibite.
E noi ci scandalizziamo per Miley Cirus.
Novellina.Tie’.
Le ragazze tanzaniane si mettono li in pista e stanno  con il loro amico/fidanzato a fare la twerk dance. Senza SE e senza MA.
Poi magari si rimettono al tavolo e si vergognano a parlarci.

Valle a capì!






sabato 22 marzo 2014

My life in Tanzanìa (Capitolo 17) -IL SAFARI-



Un’altra domanda che spesso mi viene posta è…

Che si fa in Tanzania? La consigli come meta turistica? Cosa  c’è di bello da vedere?

Beh…non la consiglio ma la STRA-consiglio.
Quando si dice “Tanzania” si pensa immediatamente ai SAFARI (che in swahili significa “VIAGGIO”)
E si pensa bene. Perché il safari è una delle esperienze più belle che si possano fare.

Sebbene  Kenya ,Uganda , Sud Africa, Botswana, Zimbabwe ,Namibia e altri stati africani offrano anche l’opportunità di poter effettuare questa fantastica esperienza, a detta di molti ,gente più esperta di me al riguardo,

il Safari E' in Tanzania. 

La Tanzania offre la possibilità di poter visitare i Parchi e le Riserve ,credo ,tra i più belli del mondo.

Si trova qui infatti il famoso Cratere di Ngorongoro, il parco Serengeti, la Riserva del Selous,Il parco del Kilimangiaro, Il parco Ruaha,Il parco del lago Manyara,Il parco del Tarangire,Il parco Gombe, Il parco delle montagne di Mahale… e l’elenco non finisce qui.
Io ho avuto la possibilità di farne uno al parco di Ngorongoro e il lago Manyara (sono vicini tra loro ) e un altro alla Riserva di Selous.

Molti mi hanno anche chiesto…

Perché ne hai fatti due diversi…che cambia?

Cambia tantissimo. In ognuno troverai qualcosa di specifico che,in genere,negli altri non trovi.
Troverai ,infatti,una vegetazione e una fauna differente da un parco a un altro.
In un parco potrai fare un determinato tipo di escursioni(a piedi,in jeep,in barca )e in altro parco farai un’altra cosa.

L’ideale sarebbe  farli tutti (ma ddai?)

Dicono che il primo Safari non lo scordi mai…ma io faticherò a dimenticare pure il secondo.
Sono state due esperienze diverse e,per tante cose,mi hanno sorpreso in maniera differente.
Nel primo safari (Ngorongoro e Lake Manyara) eravamo in 3 .Io, LUI e un amico italiano,Andrea,che venne a trovarci in vacanza.
 Abbiamo scelto un Tour operator di Arusha(città a nord della Tanzania) che ci offrì il tutto alla modica cifra di 500 dollari americani. E sottolineo modica perché i prezzi per fare un safari  sono altissimi .Ampiamente ricompensati dagli spettacoli meravigliosi che si andranno a vedere nei giorni successivi.
Siamo partiti da Dar es Salaam con un volo di linea e siamo arrivati all’Aeroporto di Kilimangiaro dove ci attendeva Paul,la nostra guida,con con la mitica  Land Cruiser.


Io,Paul e Andrea

E’ durato tre giorni, in tenda. La prima sera abbiamo dormito in un camping molto attrezzato nei pressi del Lake Manyara e la seconda sera abbiamo dormito in un camping nei pressi del cratere di Ngorongoro  completamente all’ aperto e in mezzo al nulla (ma in mezzo agli animali!).
Tarosero Safari Camp -Lake Manyara-



Simba camping -Ngorongoro Crater-

Simba Camping-Ngorongoro Crater-


E’ difficile definire Ngorongoro … è eccezionale.

 Offre dei paesaggi che ti lasciano senza fiato.

Ngorongoro

E’ l’unico parco della Tanzania abitato ancora da tribù. Vivono all’ interno, infatti, le famose tribù Masai, e permettono di visitare i loro villaggi.









Nel parco di Ngorongoro c’è  una concentrazione elevatissima di fauna.
Zebre,gnu,elefanti,leoni,ghepardi,bufali,sciacalli,babbuini,ippopotami,impala ,giraffe e innumerevoli specie di uccelli.














La mattina la sveglia è molto presto,infatti è quello il momento di avere più probabilità di avvistare più animali selvatici.
Si ritorna al campo verso le 18 e verso le 19/20 viene servita la cena.
Alle 21 al massimo tutti a letto. (Ma sei talmente stanco che ci andresti pure un’ora prima).
Tutto chiaramente molto semplice. Divieto assoluto di sprechi, dall’acqua al cibo. Le macchine fotografiche si possono ricaricare nelle zone ristoro dove  ci sono alcune  utenze elettriche.
Simba Camping -Ngorongoro-

La cosa che non pensavo di trovare li è stata il FREDDO.


A Dar es Salaam la temperatura è più o meno sempre sui 30 °C. Al massimo 5 °C in meno nella loro stagione invernale (che va da giugno a settembre).
Mi ero portata una bella felpa, al safari, pensando che potesse bastare... vi dico solo che la mattina abbiamo trovato la bellezza di 3-4 °C(oltre che una zebra accanto la nostra tenda).


Ti forniscono tutto loro: jeep, guida, pasti,tende e sacchi a pelo.Tutto incluso nel prezzo.

Il lago Manyara non può essere paragonato a Ngorongoro (per dimensioni) ma sicuramente merita di essere visitato.
Anche li abbiamo visto elefanti, ippopotami, bufali, giraffe, gnu, antilopi e zebre.
Entrambi i parchi non sono percorribili a piedi. Devi restare sempre nella jeep, se non in particolari punti che ti suggerisce la guida.
Io, che sono amante dei viaggi fai da te vi devo dire che una guida(umana) è necessaria. Sia perché conosce benissimo quel posto e ti permette di vedere più di quanto faresti da solo e sia perché riesce a trovare gli animali più di quanto faresti tu (impressionante come riescano a percepire il minimo rumore e da questo ,delle volte,capire anche il tipo di animale).Inoltre ti fornisce spiegazioni complete su ogni singola pianta/essere vivente che passa davanti a te. E non ci sono indicazioni stradali e il GPS non ha sempre ricezione. Sconsiglio, dunque, il SAFARI fai da te, ai non esperti.
Il secondo Safari che ho fatto  è stato più recente. Lo scorso gennaio.
Alla Riserva di Selous.
Selous  era un Capitano  britannico ucciso durante la prima guerra mondiale proprio nella riserva.
Questa volta eravamo in 4 io, LUI e due carissimi amici,Luca e Bruno,che sono venuti a trovarci per le feste natalizie.




Questo safari è stato completamente  diverso.
Innanzitutto perché non siamo atterrati in un aeroporto ma  in una AIRSTRIP, ovvero una striscia di terra (non asfaltata, ovviamente)in mezzo al nulla. Dove 10 secondi prima dell’atterraggio stavano passeggiando comodamente degli impala.
Ecco il video dell'atterraggio:

Mentre Ngorongoro e Lake Manyara sono  parchi più conosciuti, e quindi più turistici, la Riserva di Selous invece si presentò ai nostri occhi come un immensa  distesa praticamente  priva di presenza umana.
Come disse LUI, scherzosamente,poche ore dopo il nostro arrivo:

“Qui l’unica cosa sbagliata siamo NOI, Vale.”

Niente di più vero.





Mentre negli altri due parchi quando beccavi un leone  ti ritrovavi insieme alle altre jeep e si faceva quasi a gara per chi dovesse stare davanti a fotografare, al Selous  questo non accadeva. Non c’era nessuno. Potevi stare a guardare il leone anche 2 ore.
Stupendo.




Il nostro lodge era meraviglioso.Ci proposero un Tented Camp ,ovvero un campo con tende grandi e ben equipaggiate. Ogni tenda aveva infatti un letto vero e proprio.Wc e doccia erano privati ma esterni.(Immaginate la mia faccia quando ,durante la doccia ,alzo gli occhi e mi trovo un elefante!)
Rispetto ai camping dei precedenti safari ,a Ngorongoro e Lake Manyara, questo ci sembrò superlusso.
Ma nonostante tutto rimaneva sempre molto semplice.Anche qui niente elettricità , solo in aerea comune, e  il cibo e l’acqua non venivano sprecati.
Si cenava tutti insieme nello stesso lungo tavolo, in modo da conoscere anche gli altri visitatori.

Alla Riserva del Selous puoi fare delle escursioni in jeep, come negli altri parchi, ma puoi fare anche delle escursioni a piedi e…in barca.

























Non vi provo a spiegare la bellezza dei colori perché credo che le foto che ho aggiunto possano in ,qualche modo,dare l’idea.
Anche  in questo parco le guide sono state fantastiche. Persone preparatissime e molto efficienti.
Il lodge era gestito da una coppia  europea e il resto dello staff era tanzaniano.
Adesso…immaginate  voi ,queste persone, che vivono, anche 8 mesi l’anno ,in mezzo alla Savana ,senza nulla intorno.
Per altro, mentre a Ngorongoro c’era sia ricezione dei telefoni sia la connessione internet, alla Riserva del Selous il telefono non dava segni di vita e durante le escursioni le guide comunicavano tra di loro unicamente con le radio. Stop. Non c’è modo di comunicare con l’esterno.
Beh io li ho invidiati un pò...

Un pò.

Il safari è un’esperienza che consiglio a tutti ,grandi e piccoli.
E’ un’esperienza che vi lascerà senza fiato.
Un'avventura che difficilmente dimenticherete.

Su questi due safari è possibile scrivere libri interi,io mi sono dovuta limitare a un "misero" post.
Anche con le immagini ho dovuto,per ovvi motivi,fare una scelta.
Spero siano state di vostro gradimento.
Ad ogni modo mi rendo disponibile per eventuali domande e/o consigli al riguardo.

Potete contattarmi via email mylifeintanzania@gmail.com
o anche tramite la mia pagina Facebook

 Se vi piacciono le mie foto,potete vederle anche su Instagram,dove pubblico giornalmente ,e il mio nome utente e'  " tuttopuosuccedere "

A presto!