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martedì 14 ottobre 2014

(Cap 38)"Il bagaglio di una expat"



Inizi a realizzare che la partenza si avvicina nel momento in cui apri il bagaglio vuoto e inizi a pensare di metterci dentro qualcosa.

Fare i bagagli è una scocciatura diciamo la verità.

Se penso ai primi bagagli ,ovvero i miei primi viaggi ,scoppio a ridere.

Ricordo il mio scambio culturale in Ungheria all’età di 17 anni o la gita del 5°liceo a Praga.
In entrambi i casi portai roba per poter fare un tour mondiale di 40 settimane.
Partendo dal Monte Bianco e finendo alle Isole Samoa. Con  tanto di sci, dopo sci  e costumi coordinati, nel caso fossero serviti.
(Esagero ,ma non del tutto).
Non avevo idea su cosa potesse servirmi fuori casa e  tanto meno a cosa non potevo assolutamente fare a meno.

Mi serviva tutto.

E allora portavo tutto.

Fortuna che le compagnie low cost  non erano ancora così famose e potevo ancora contare sulla clemenza di qualche operatore aeroportuale di una compagnia aerea che non dava ancora importanza al peso del bagaglio (adesso sarebbe un’eresia).
Le prime vacanze avevo con me non bagagli, ma degli esseri umani.
Avrei anche potuto rischiare l’arresto.

Quando poi partii per la prima volta a Londra da sola all'età di 18 anni ero già  in una fase di grandi progressi. O almeno pensavo.
Misi accuratamente le cose nel bagaglio secondo reale necessità.
Peccato che non avevo messo in conto di andare a Londra e non in un villaggio sperduto del Burundi. 
Tante ma tante cose inutili anche quella volta.

La mia quarta vacanza a Parigi, invece, feci una solenne promessa.
 E per la prima volta riuscii quasi a mantenerla.
 Anche perché iniziai a realizzare seriamente  come  un bagaglio pesante nuocesse  gravemente alla mia spina dorsale ,nonostante i miei 19 anni.

Indubbiamente fare poi l’Assistente di volo ha dato una sostanziale svolta  al mio modo di fare bagagli.
Grazie a Dio.
Impari a capire ciò che ti serve realmente e ad  alleggerire al massimo il bagaglio.

Da li a seguire anche le mie vacanze presero una piega diversa. 
E un peso diverso.

E così con grande orgoglio che ricordo che io e LUI partimmo 3 anni fa per un FANTASTICO tour di California- Nevada e Arizona con un e dico UN bagaglio a mano a testa.
Sono riuscita  nella mia impresa. Anche se mi ci sono voluti circa 10 anni.
Vero anche che  negli Usa trovi Laundry self service (lavanderie)praticamente ad ogni angolo ,perfette per i travellers.
 A metà vacanza, infatti, andammo li e lavammo la nostra roba alla modica cifra di 2 $.
Poi ad un certo punto due anni fa i miei grandi progressi furono messi a dura prova dal trasferimento in Tanzania.
Cioè, non stavo andando in vacanza a Parigi o a Copenaghen dove se ti dimentichi qualcosa te lo compri.
Mi stavo trasferendo in Tanzania a tempo (inizialmente)indeterminato.
La prima volta in Tanzania feci un bagaglio che mi riportò indietro al mio  primo viaggio in Ungheria.
Ma non tanto di vestiti, quanto di TUTTO. Di tutto il resto.
Dallo shampoo al lievito per dolci,per intenderci.

Stavolta invece con trasferimento a Lisbona e pit stop nelle Isole Britanniche  mi sono ridimensionata.
In fondo se dovesse mancarmi qualcosa sono certa di trovare tutto .E se non lo trovo, va bene lo stesso. Si sopravvive.

E quindi con mio immensa gioia ho il piacere di comunicarvi che il mio bagaglio per questo trasloco pesa solo 20 kg .
Stavolta ho superato me stessa.
Grandi soddisfazioni.

Se qualcuno lo avesse detto a quella ragazzina di 17 anni che 13 anni dopo sarebbe  riuscita a fare un trasloco con solo  20 kg di bagaglio non ci avrebbe assolutamente creduto e sicuramente lo avrebbe preso  per un pazzo.
Ne sono certa.






martedì 22 aprile 2014

My life in Tanzanìa (capitolo 24)'La moda in Tanzania'





Un altro  aspetto che vorrei farvi conoscere è la moda.

La moda??!!! Direte voi.

Nessuno si immagina che in Tanzania ci sia una moda. E tantomeno  lo immaginavo io.
Ma invece è così.
Le ragazze tanzane hanno una passione per la moda che nessuno si aspetta.

Parliamo dell’abbigliamento.
Indubbiamente sono attratte dalla moda occidentale . Tutto quello che è occidentale per loro è il top del top.
I negozi di abbigliamento tanzaniani sono pieni di roba pseudo-cinese importata da Hong Kong ,dagli Emirati Arabi o dal Vietnam.
Personalmente la proprietaria del negozio si reca in queste città,carica i bagagli all’inverosimile e porta la merce a Dar per venderla al suo negozio. E la merce va letteralmente a ruba.
Per quanto riguarda le taglie... ti accontenti. Se trovi la tua bene altrimenti le porti dal sarto e te le fai adeguare. Oppure le metti di una taglia diversa.
Importano di tutto dai vestiti ai cappelli,dalle borse alle scarpe. Purché sia alla moda.
Lo scorso anno ho visto delle ragazze indossare i famosi stivali “ugg” pur non essendoci (ovviamente)nessuna necessità trattandosi di stivali tipicamente invernali.
 Ma la moda è moda e sappiamo quante sciocchezze può portarci a fare (vedi gli anni 80 e i capelli cotonati).
Oltre a seguire la moda occidentale,a loro piace tantissimo utilizzare le loro stoffe. E qui arriviamo al pezzo forte.
Le loro stoffe sono molto belle e molto originali. Le indossano tutti. Grandi e piccoli. Spesso anche gli uomini.
E’ facilissimo, vai al mercato scegli la stoffa e poi chiedi a un sarto di fartelo fare su misura.
Non è costoso come in Italia, un vestito su misura può costarti al massimo 20-30 euro.
La mia amica Rose mi ha gentilmente fornito le sue foto così da poterverle mostrare.









Come vedete Rose ,che rappresenta in pieno la tipica ragazza alla moda tanzaniana di cui parlavo prima,sfoggia ogni volta pettinature diverse.
E qui volevo arrivare.
Inizialmente mi capitava di incontrare una ragazza e di presentarmi “Nice to meet you, I am Valentina”
La stessa ragazza poi la rincontravo dopo settimane e io ancora “Nice to meet you, I am Valentina” e magari questa mi guardava un po’ male.
Semplicemente non le riconoscevo per via delle loro acconciature.
Che cambiano ogni settimana.
Ogni settimana (o a volte anche di più) loro cambiano completamente look e fatichi davvero a riconoscerle.
Un giorno le vedo in Braids (treccine) il giorno dopo ricci stile afro e un altro giorno con i capelli lisci.
Secondo me lo fanno per far rincoglionire gli expats.



I costi delle acconciature variano in base al lavoro impiegato. E in base al tipo di parrucca o posticcio che viene applicato. Varia dai 20.000 scellini (10 euro) a 100.000 scellini (50 euro).
Per un attimo avevo pensato di fare anche io le treccine,pensavo che fosse il posto più adatto per farle.
Figo ,no?
Ma poi ho visto un giorno Rose dolorante e ho pensato che vado bene anche senza treccine.
Sono dolorose i primi due giorni … ma in genere il dolore è sopportabile. 
In genere.
A Rose un giorno le avevano fatto delle treccine talmente tirate da non poter riuscire a dormire e solo con qualche antidolorifico ildolore si era placato.
Il motto “Se bella vuoi apparire un po’ devi soffrire”  è stato secondo me inventato in Tanzania.
Una sofferenza letterale.
Altro che ceretta.
Poi …le unghie.Nail art.
I saloni di bellezza propongono delle unghie finte esattamente come in Italia.
Sono gusti, si sa. Ma se in Italia ho visto delle unghie esagerate in Tanzania ho visto delle cose che mi si è bloccato il respiro.
Eh daje con unghie di 10 cm maculate… na’ chiccheria.
Ma anche questa è moda e va accettata (anche se io ancora un po’ fatico).
Per il resto è come da noi,con un tocco di esagerazione per certi versi.
L’abbigliamento rappresenta lo status sociale e va sfoggiato al massimo.
Questo aspetto è particolarmente in evidenza ai matrimoni tanzaniani, un vero e proprio evento sociale che non e' altro che un modo per sfoggiare ricchezze e averi (quindi come in Italia o anche peggio).
Ma il matrimonio tanzaniano merita un post a parte perché è proprio un evento mondano senza prececenti.
 Un po’ come la notte degli Oscar.
E penso pure di essere riduttiva…