Oggi parleremo di un altro aspetto che crea molta curiosità.
La tribù MASAI.
I Masai risiedono in Kenya e in Tanzania.
Sono suddivisi in clan e sottoclan e parlano una loro lingua
il MAA.
Tradizionalmente sono un popolo semi-nomade formato da
pastori. Oggi invece si trovano in zone precise del paese come Tsavo ,Amboseli,
e Masai Mara.
La loro cultura è basata sull’allevamento del bestiame.
Latte e carne per l’alimentazione. Cuoio e pellame per
l’abbigliamento.
Recentemente anche riso e patate.
Vivono in una società patriarcale. Gli anziani si incontrano
per questioni di carattere generale riguardo la tribù e hanno un potere quasi
assoluto per la comunità. Anche per questioni di tipo legale.
La punizione dipende dal tipo di reato. Per le cose più
semplici basta una richiesta di scuse o un pagamento di una multa sottoforma di
bestiame.
Per i casi più gravi ,come un assassinio,potrebbe essere
costretto a non poter più passare nelle terre del clan della vittima o potrebbe
essere ucciso dalla famiglia di questi senza essere considerati colpevoli.
La vita di un Masai è caratterizzata da riti e cerimonie che
segnano passaggi del suo status, dalla nascita alla morte. Questi riti non
fanno altro che accrescere il prestigio sociale.
Per gli uomini oltre ai riti di nascita e morte ci sono i
riti di moran (guerriero),”giovane anziano” e “anziano”.
Le donne , dopo il matrimonio ,seguono i riti del marito.
Vivono in delle abitazioni chiamate inkajijik ,fatte di rami ,fango e sterco di animale essiccato. Prevedono
un recinto spinoso esterno per proteggersi dagli animali selvatici e un recinto
spinoso all’interno per accogliere il loro bestiame la sera.
La prima casa sulla destra dall’entrata principale è la casa
del capo famiglia ,poi a seguire la moglie e i figli. I figli dormono per conto proprio dall’età di 5
anni. Dormono tutti separati,anche marito e moglie.
All’interno la casa è divisa in 3 sezioni. Al centro un
focolare per cucinare,da una parte il letto della persona e dall’altra parte un
letto per bambini piccoli o un ripostiglio.
Personalmente,essendoci entrata vi dico che è davvero
microscopico. Assurdo come riescano a mantenere tutto in così poco spazio.
L’altezza della casa è 1.5 mt.
Il loro abbigliamento è particolare.
I masai hanno cambiato modo di vestire con l’arrivo degli
inglesi. Dei colonizzatori.
Prima usavano infatti principalmente pellame,adesso invece
utilizzano le tipiche coperte chiamate Shuka.
Sono di cotone a quadri, con colori predominanti rossi e
neri per gli uomini. Le donne invece hanno delle tuniche blu,rosse o nere.
Il colore può indicare lo status sociale. Le calzature sono
sandali di cuoio o ottenuti da copertoni delle auto.
Particolari sono anche bracciali e collane,i quali colori
indicano il clan di appartenenza e lo status della persona. Gli uomini hanno un
braccialetto di metallo che è estremamente importante perché viene tramandato
dal padre ,prima di morire ,al figlio migliore. E’ quindi un segno di rispetto
e di saggezza.
Alcuni masai non rimangono nei villaggi ma vanno a cercare
lavoro altrove.
Molti vanno nelle zone turistiche come Zanzibar e alcuni si
trasferiscono in città.
Molti Masai, infatti, sono a Dar es Salaam .
Principalmente si occupano di security. Li trovi infatti
fuori dai supermercati ,alberghi ,ristoranti ,clubs e discoteche. Sono assunti
dal proprietario e il loro principale compito è quello appunto di mantenere la
sicurezza e di controllare le auto dei clienti.
Non chiedono assolutamente denaro ma se glielo dai,non si
rifiutano di certo.
Per entrare meglio nella vita di un Masai, ho deciso di fare
un’ intervista.
Così ho chiesto a un mio amico masai se fosse disponibile.
Lui, ovviamente, è stato felicissimo di accettare.
Lui si chiama Akaro.
-Ciao Akaro! Prima di
tutto vorrei dirti GRAZIE per avermi dato questa splendida opportunità di
intervistarti. Non è una cosa che capita tutti i giorni incontrare un Masai e
di fargli delle domande!
Il piacere è tutto
mio,anche a me piace raccontare della nostra tribù e so che voi occidentali ne
siete affascinati.
-Esatto!Allora dimmi…quanti
anni hai e da dove vieni?
Ho 31 anni. Vengo da Kiteto, un distretto a Nord della
Tanzania e il mio villaggio si chiama Msata.
-Da quanto vivi a Dar
es Salaam?
Vivo a Dar es Salaam
da circa un anno e mezzo.
-Ti piace Dar?
Devo rispondere
sinceramente?(ride)
No. Non mi piace. La
trovo una città caotica e troppo trafficata. Qui non sto bene. Mi sento fuori
posto delle volte. E’ completamente diversa dal villaggio da dove provengo io dove
invece regna pace e tranquillità .Anche la gente è profondamente differente.
Qui sono tutti più nervosi.
Ci vivo unicamente per
lavoro,se potessi tornerei al mio villaggio.
-Sono d’accordo,anche
io non amo particolarmente il traffico di Dar. Cosa fai a Dar es Salaam?
Faccio sicurezza
presso un Hotel. Da un anno circa. Lo stipendio è basso ma me lo faccio
bastare.
Divido casa con un mio amico, un altro Masai.
Per noi è molto caro
vivere a Dar.
-Questo è il tuo
primo lavoro dopo che hai lasciato il tuo villaggio?
No, è il mio secondo lavoro. Ho lavorato per due anni per un
uomo inglese che faceva il fotografo.
-E di cosa ti
occupavi esattamente?
Lui lavorava per una grossa azienda e faceva appunto il
fotografo.
Io ero il suo
aiutante.
Mi ha insegnato tantissime cose. E’ il mio migliore amico
adesso. Si chiama John.
Io lo aiutavo a fare dei reportages,ad andare in zone dove
noi masai abbiamo più facilmente accesso.
-Quindi è per questo
motivo che parli così bene in inglese?Dove lo hai imparato?
Me lo ha insegnato John.
Quando lo conobbi ad Arusha, lui era in cerca di un aiutante
per il suo progetto.
Gli dissi che potevo aiutarlo ma che non parlavo quasi
inglese. E lui mi disse che mi avrebbe insegnato a parlarlo come lui.
E così è stato.
-Cioè tu vuoi dirmi
che parli così bene in inglese senza mai aver fatto mai una lezione?
Si è così. E’ stata
tutta opera di John! (Ride)
-Stupefacente.
Complimenti! Ma tu parli anche swahili (la lingua ufficiale della Tanzania) e
il maa (lingua dei masai)?
Si ,parlo entrambe le
lingue. Il Maa lo parlo con la mia famiglia e lo swahili l’ho imparato da
piccolo quando andavamo fuori dai villaggi,nei mercati per acquistare e vendere
i nostri prodotti.
-Mi lasci senza parole!Parlami della tua famiglia.
Loro vivono tutti a Msata?
Si vivono li. Loro continuano a vivere di pascolo.
Oltre ai miei
genitori,ho una sorella più grande e un fratello più giovane.
Tu sei andato a
scuola?
No. Mio padre
preferiva mi occupassi dei nostri pascoli e della nostra terra.
Però ho imparato oltre
all’inglese altre materie da John.Come la matematica.
Mio fratello però va all’università.
Tuo fratello va
all’università??
Si,studia Chimica
all’università di Arusha.
John ha finanziato i
suoi studi. Anche per questo gli devo tanto.
Mio padre non
voleva,perché diceva che doveva rimanere li al villaggio per lavorare ,ma per
fortuna John,mia madre e un mio zio sono riusciti a fargli cambiare idea. Abbiamo
anche venduto 5 mucche per dargli altro denaro.
-Questo John deve essere
una persona meravigliosa!
Raccontaci della tua
infanzia. I primi ricordi che ti vengono in mente.
Mi sono sempre preso cura della nostra terra e dei nostri
animali sin da piccolissimo.
Il primo ricordo risale verso i 9-10 anni quando mio padre
mi tolse gli incisivi con il coltello.
Anche questo so che ti scioccherà!
Davvero?E perché??
E’ tradizione .Un
nostro rito .Però mi sono fatto abbastanza male !(ride)
-Ci credo che te lo
ricordi ancora. So che sono molto importanti per voi i riti. Quelli che segnano
i passaggi della vostra vita. Parlamene un po’.
Si,moltissimo .Verso i
7-10 anni c’è quella de laiuni in
cui avviene la cerimonia della circoncisione.
Poi quella del Moran * dai 15 ai 30 anni. Poi Orpanian * e poi Orcuvia* ( molto
grande) .Ci differenziamo con i vestiti o con gli
accessori.
-Chi è che decide il
passaggio?
L’anziano del
villaggio. E’ lui che ci fa passare da uno status a un altro. Io adesso sono un
Moran.
-Chi ti da questa
stoffa?
Me l’ha data mio
padre. Sono due pezzi di stoffa legati con una cintura di cuoio .Ne ho un
ricambio quando lo devo lavare.
Si compra al mercato
delle stoffe. Si chiama Shuka.
-E il bastone?
Il bastone mi viene
dato per la prima volta da molto piccolo.
Verso i 5 anni quando
mi mandarono nei pascoli, nelle foreste.
E’ un modo per addestrare i ragazzi. Per due/tre mesi sei solo e devi cavartela
da solo. Ogni tanto viene qualcuno a portarci del cibo e a farci fare un vero e
proprio allenamento di corsa e resistenza.
Cosa mangiate?
Mi manca tanto il mio
cibo. Qui a Dar non posso mangiare le cose che mangiavo nel mio villaggio.
Nella nostra terra la
nostra alimentazione si basa su carne ,sangue e latte principalmente .
Qui a Dar la carne e
il latte sono molto cari.
Quindi mangio
principalmente ugali e verdure.
Ti manca casa tua?
Si,tanto. Torno a casa
ogni 2-3 mesi durante i giorni festivi. Vado in autobus. Il viaggio dura 8 ore
e costa 20.000 Scellini. Molto caro. (meno di 10€)
Akaro ma gli
accessori che indossi hanno un significato particolare?
Si ,sono
l’appartenenza alla tribù.
Sono stati fatti a
mano da mia sorella.
Akaro io avrei mille
cose cose ancora da chiederti. La tua storia è davvero interessante.
Per questa volta però
ci fermiamo qui.
Ti ringrazio tanto
per la tua disponibilità!
Grazie a te Valentina
è stato un piacere parlare con te!
Questa è la mia intervista. E’durata più o meno mezzoretta
ma poi lui doveva tornare al lavoro e abbiamo dovuto terminare in fretta.
Akaro, pur avendo imparato a scrivere dal suo amico John
(una persona semplicemente meravigliosa) mi ha mostrato qualche difficoltà nei
nomi nella lingua “Maa”.
*Questo per dirvi che la pronuncia è quella che ho scritto , ma, ecco, non ci metterei la mano sul fuoco per quanto riguarda il modo esatto in cui si scrive.
*Questo per dirvi che la pronuncia è quella che ho scritto , ma, ecco, non ci metterei la mano sul fuoco per quanto riguarda il modo esatto in cui si scrive.
Appena arrivai a Dar fui colpita da questa gente. Mi
incuriosivano tanto. E tutt’ora mi piace scherzare con loro e farmi raccontare
qualche storia.
Spero di riuscire a
parlare ancora con Akaro e di raccontarvi altre curiosità sulla tribù Masai.
Alla prossima!
.