venerdì 31 gennaio 2014

My life in Tanzanìa(Capitolo 7) -Si va in Tanzania!!-

Eccomi al post numero 7.


Sono contenta che tutto stia procedendo bene e che il blog venga letto quotidianamente.
In fondo, se avessi voluto scrivere per me stessa mi sarei comprata un diario segreto.
Quello che avevamo da piccole.
Quello con il lucchetto che si apriva senza chiave.
Ecco.Lui.
Oh my God.Che orrore!
Invece no,mi è venuta questa idea del blog.

BLOGblòġ› s. ingl. [accorc. di weblog] (pl. blogs ‹blòġ›), usato in ital. al masch. – Diario elettronico, allocato in un sito web e continuamente aggiornabile, corredato in genere degli eventuali commenti dei visitatori. (Enciclopedia Treccani).

L'idea del weblog,o del suo diminutivo blog ,mi è venuta mesi fa.

Circa sei mesi fa. 
A seguito di un'esame universitario di giornalismo e new media.

Ma, iniziò tutto con carta e penna.
Pero' poi ,mi fermai e misi tutto in un angolo.Non ero pronta.Non avevo ancora tante idee.

Decisi di riprendere  tutto poche settimane fa.
Questa è una risposta alla domanda che mi è stata fatta in questi giorni.

Ovvero:Da dove t'è venuta st'idea?

M'e' venuta una mattina,come tante,in cui camminavo per strada e guardavo questo paese bellissimo chiamato Tanzania.E ho pensato che forse questa storia meritava essere raccontata. 

Detto ciò...

Torniamo a noi.
Nel post precendente ero arrivata alla partenza per Dar.
Ero gasatissima.
Felicità.
Adrenalina.
Stavo andando in Tanzania.
Andavo a trovare LUI.
Andavo a perlustrare la città dove mi sarei trasferita  e dove avrei cominciato presto una nuova vita.
Per ultimo ,ma non meno importante, andavo  incontro a 30 gradi contro gli 0 che lasciavo in Italia.

Figata.

Il mio arrivo a Dar es Salaam mi sembrò decisamente pittoresco.

Innanzitutto, non avevo chiuso occhio nelle 14 lunghe ore di viaggio(stavolta avevo troppo da pensare).
All'arrivo a Dar, arrivai in una stanzetta angusta dove si dovevano compilare i moduli per i visti.
Appena compilato,un signore ci comunicò che dovevamo darlo a lui, insieme al passaporto e ai 50 dollari previsti per l'ingresso.
Dopodiche' dovevamo attendere.Qualcuno avrebbe pronunciato il mio nome ad alta voce.

Qualcuno.
Ma chi?
Più avanti c'erano degli sportelli ,dai quali, poco dopo arrivò un tizio, che con una vocina flebile,emise un suono indefinIto.
OK.
Quello era un nome.
Quindi, dovevo aprire bene le orecchie perchè potevano pronunciare anche il mio.
Solo che il volo era pieno.
Quindi circa 180 nomi.
I tizi agli sportelli non sembravano proprio entusiasti di lavorare.
Nell'attesa,poi,mi guardavo intorno e vedevo tantissimo personale aeroportuale intorno a noi.
Ma proprio tanti.
Solo che erano quasi tutti sdraiati,o leggevano un giornale.
Non davano proprio l'immagine del dipendente stressato.
Quasi li ammiravo.
Erano li,belli,tranquilli e felici.
Erano un ornamento dell'aerostazione.

Ad un certo punto sento "VALANDINA FANDE"


Il mio nome.
O una specie.
Allora mi diressi allo sportello.
Mi fece qualche domanda di rito.
Mi fece appoggiare le dita nell'apposito sistema di riconoscimento e mi mandò via.

Dopo solo 55 minuti.

Manco per entrare negli Stati Uniti.
Esco dalla stanzina angusta e trovo LUI.

Abbronzatissimo.
A me non sembrava proprio il tipo disperato dalla vita Tanzana.
Io sembravo ,piuttosto,un tipo disperato.
Ero bianca cianotica,due occhiaie da paura e i capelli autogestiti.
Lui si era in qualche settimana già pienamente adattato al posto.
Buon segno.

Uscimmo fuori a prendere il taxi.
Un senso di soffocamento mi assale.

Quanto caldo fa???
Erano le ore 7 a.m locali e faceva un caldo boia.
Ma allora alle 12 a.m moriro'???
Salimmo sul taxi.
Per la prima volta percorsi la famosa Julius Neyerere Road.
Una delle vie più trafficate di Dar es Salaam.
24 km da qui a casa.

Due ore di strada.

Sono le 7 del mattino e la strada è piena di gente..
Le strade sono intasate, di macchine e di moto.
Si intravede a distanza un semaforo.Perennemente rosso.
Alcune persone con delle specie di scatoloni e un pentolone preparano del cibo.
Per terra.
Altri camminano scalzi.
Altri indossano vestiti eleganti.
Alcuni sono su esili bici.
Altri sono su fuoristrada americani con i vetri scuri.
Altri sono seduti per terra.
Ci sono dei canali ai margini delle strade che non capisco cosa sono.
Chiedo a LUI,immaginando la risposta.
LUI mi dice che sono fogne.
Fogne aperte.
La gente cammina dentro questi "buchi".
Ma quante persone sono?Quanti sono ???

Una delle prime domande che mi feci fu proprio questa.

Ma quanti sono??

Tanti,tantissimi.
Fiumi di gente per le strade.
La strada principale che stavamo percorrendo era asfaltata mentre tutte le altre erano  semplicemente terra, senza cemento.
Guidavano come dei pazzi.
Sorpassi a destra e sinistra,senza frecce.
Uno accanto a noi passo' in bici ,con dietro, legato con una corda, un portapacchi con delle galline.Vive.

Un'altro passo' con un camion con della gente al posto delle merci.
Mi sembrava di sognare.
Forse sono ancora a Roma Fiumcino e mi sono addormenata al gate,pensavo.
Vi giuro che tutto quello che vedevo mi lasciava senza parole.
Non credo neanche di riuscire a esprimerlo pienamente quello che vidi appena arrivata a Dar.
Ma la cosa assurda era che mentre io ero davvero senza parole, LUI non sembrava assolutamente scosso. Quella era ormai diventata la sua normalità.Si era già abituato a quella vista.

CONTINUA......


Street food

Shoe shine repair (calzolaio)






Jiulius Nyerere International Airport

Julius Nyerere International airport