Da un mese
circa sono tornata in Italia.
Ufficialmente
sono qui per i miei esami universitari.
In realtà
sono rientrata (momentaneamente) anche perché ho ricevuto delle proposte
lavorative.
Niente
posizione da CEO, né da Quadro Dirigente si intenda, ma delle opportunità che
potevano essermi utili in questo periodo.
E soprattutto
potevano essermi utili da aggiungere nel CV.
Opportunità
di lavoro stagionale, manco a dirlo.
Allora, più o
meno velocemente, ho fatto un biglietto e sono tornata in Italia per un po’.
Non che la
cosa mi esaltasse in maniera
esponenziale ma l’idea di rifiutare un’eventuale opportunità non mi andava
assolutamente.
Non si rifiutano posizioni lavorative. Semmai
si valutano tutte insieme e si sceglie quella che offre più vantaggi, garanzie
e (magari)un guadagno dignitoso.
Il mio ultimo
colloquio era stato in Tanzania. Non facevo un colloquio in Italiano da tanti anni.
Che non è
assolutamente meglio.
Un colloquio in
lingua Inglese, per certi versi ,può essere anche più facile proprio perché, non
essendo madrelingua, trovi in genere l’esaminatore un tantino più tollerante
e consapevole del fatto che quella non
sia la tua prima lingua.
In Italiano ,stanne
certo, che anche un piccolo errore può non produrre lo stesso effetto.
Poche ore
dopo la mia decisione di rientrare in Italia, per presentarmi alle selezioni,
mi contattò un’amica(che lavorava come me,nel medesimo settore)che mi chiese.
“Vale ma tu ce l’hai lo SPONSOR?”
Vi giuro che
sono stata qualche secondo in silenzio per capire che cosa volesse dire.
“Vale uno
sponsor…si va…un aiuto…mhm…una segnalazione
insomma.”
Vivendo
all’estero mi ero persa, forse, la “moda
dell’anno” : lo SPONSOR.
O forse c’era
anche prima ma non l’avevo mai sentita.
Io la
chiamavo semplicemente RACCOMANDAZIONE ma pare non si usi più.
Alla mia
risposta negativa la mia amica mi rispose che allora le possibilità di essere
assunte si restringevano notevolmente.
E allora ho
fatto la mia auto-analisi.
Ho 30 anni.
Lavoro seriamente da quando ne avevo 21.Anzi i primi lavoretti li ho iniziati a
17.
In qualche
modo qualcosa nel mondo lavorativo devo pur averla imparata.
Non ho
bisogno di sponsor e di aiuti.
Mi presento,
vendo la mia professionalità all’azienda. Testa alta e dignità.
Che sarà mai.
Allora dopo
due giorni dal rientro africano mi presentai per il colloquio.
Innanzitutto
scoprii che le persone selezionate erano una ottantina e i posti disponibili
tra i 15 e i 20.
E non solo.
Non solo
ventenni alle prime armi.
Ma persone adulte .
Tutti li in
fila speranzosi di avere un contratto di 3 mesi.
Avevo rimosso
tutto ciò perché semplicemente nel mio ultimo anno e mezzo non lo avevo
vissuto.
Non avevo
vissuto giornate a stretto contatto con persone disperate dalla ricerca del
lavoro.
Non avevo
vissuto giornate a stretto contatto con persone disoccupate da 2-3- 4 anni.
Curriculum
meravigliosi. Esperienze decennali.
Non bastano.
Non è più
sufficiente .
DEVI AVERE LO SPONSOR.
Il mio
colloquio andò molto bene. Credo che fosse il miglior colloquio degli ultimi 10
anni. Vi giuro.
Sembravano
interessati alle mie esperienze lavorative nel medesimo settore. Sembravano
interessati alla mia vita in Tanzania e alle esperienze maturate li. Strette di
mano e complimenti.
Ma …
Ma …
Ma …
Non avevo lo SPONSOR.
Eh va bene così…cantava Vasco.
Non
facciamone una tragedia. Non era neanche il posto della mia vita.
Del resto lo
avevo messo in conto. Bisogna metterlo in conto.
Sponsor o no
(non lo scopriremo mai) “sto matrimonio non s’aveva da fare”.
Dopo le prime
24 h di disappointment e
metabolizzato l’accaduto mi son detta
MASTICAZZI
Per quanto la
parola non sia il massimo dell’eleganza devo dirvi che però ha un potente
effetto liberatorio. E anche benefico.
Provare per
credere.
Ovviamente
dopo la prima settimana in Italia e dopo questo particolare evento volevo immediatamente
fare le valigie e tornarmene in Tanzania.
Ma per
svariati motivi ,tra cui lo studio, per un po’ DEVO rimanere in Italia.
I successivi
colloqui sono stati meno traumatici.
Anche nelle
altre selezioni però, tantissimi candidati.
Ed è li che ,parlando
del più e del meno, si svelano nuove agghiaccianti scoperte.
Nei miei
ultimi colloqui in Italia (parlo del 2003-2004) gli aspiranti lavoratori erano
più o meno come me. Nel senso che avevano un diploma o una laurea, qualche
esperienze all’estero e una conoscenza media di lingua Inglese.
Invece adesso
ero circondata da plurilaureati, con tanto di master e dottorati ,alla ricerca
di un qualsiasi lavoro.
In genere anche completamente opposto al proprio
percorso di studi.
Ma quello che mi
ha sconvolto erano le lingue straniere.
Su 10
candidati ben cinque parlavano Cinese
Mandarino, tre parlavano Arabo e due Russo.
Ovviamente mi
vergognavo quasi a dire del mio Inglese e delle mie conoscenze di francese e
spagnolo.Lingue che ormai impari se vai in vacanza per una settimana a Ibiza o
a St Tropez.
Una
situazione disarmante. E allarmante.
Nonostante
ciò i miei colloqui sono andati bene e mi trovo nella fase “valutazione” di cui parlavo poco fa.
Però sono
stata anche fortunata.
La fortuna gioca indubbiamente un ruolo importantissimo.
Lo dice anche Woody Allen in un notissimo film che adoro (Match Point).
Anche se non
parli il Cinese Mandarino.
E anche se non hai lo Sponsor.