venerdì 13 giugno 2014

My life in Tanzania (Cap 29) 'Un mese in Italia.Colloqui,Sponsor e Cinese Mandarino'



Da un mese circa sono tornata in Italia.
Ufficialmente sono qui per i  miei esami universitari.
In realtà sono rientrata (momentaneamente) anche perché ho ricevuto delle proposte lavorative.
Niente posizione da CEO, né da Quadro Dirigente si intenda, ma delle opportunità che potevano essermi utili in questo periodo.
E soprattutto potevano essermi utili da aggiungere nel CV.
Opportunità di lavoro stagionale, manco a dirlo.
Allora, più o meno velocemente, ho fatto un biglietto e sono tornata in Italia per un po’.
Non che la cosa mi esaltasse in  maniera esponenziale ma l’idea di rifiutare un’eventuale opportunità non mi andava assolutamente.
 Non si rifiutano posizioni lavorative. Semmai si valutano tutte insieme e si sceglie quella che offre più vantaggi, garanzie e (magari)un guadagno dignitoso.
Il mio ultimo colloquio era stato in Tanzania. Non facevo un colloquio in Italiano da  tanti anni.
Che non è assolutamente meglio.
Un colloquio in lingua Inglese, per certi versi ,può essere anche più facile proprio perché, non essendo madrelingua, trovi in genere l’esaminatore un tantino più tollerante e  consapevole del fatto che quella non sia la tua prima lingua.
In Italiano ,stanne certo, che anche un piccolo errore può non produrre lo stesso effetto.

Poche ore dopo la mia decisione di rientrare in Italia, per presentarmi alle selezioni, mi contattò un’amica(che lavorava come me,nel medesimo settore)che mi chiese.

“Vale ma tu ce l’hai lo SPONSOR?”

Vi giuro che sono stata qualche secondo in silenzio per capire che cosa volesse dire.
“Vale uno sponsor…si va…un aiuto…mhm…una segnalazione insomma.”
Vivendo all’estero mi ero persa, forse, la  “moda dell’anno” : lo SPONSOR.
O forse c’era anche prima ma non l’avevo mai sentita.
Io la chiamavo semplicemente RACCOMANDAZIONE ma pare non si usi più.
Alla mia risposta negativa la mia amica mi rispose che allora le possibilità di essere assunte si restringevano notevolmente.
E allora ho fatto la mia auto-analisi.
Ho 30 anni. Lavoro seriamente da quando ne avevo 21.Anzi i primi lavoretti li ho iniziati a 17.
In qualche modo qualcosa nel mondo lavorativo devo pur averla imparata.
Non ho bisogno di sponsor e di aiuti.
Mi presento, vendo la mia professionalità all’azienda. Testa alta e dignità.

Che sarà mai.

Allora dopo due giorni dal rientro africano mi presentai per il colloquio.
Innanzitutto scoprii che le persone selezionate erano una ottantina e i posti disponibili tra i 15 e i 20.
E non solo.
Non solo ventenni alle prime armi.
 Ma persone adulte .
Tutti li in fila speranzosi di avere un contratto di 3 mesi.
Avevo rimosso tutto ciò perché semplicemente nel mio ultimo anno e mezzo non lo avevo vissuto.
Non avevo vissuto giornate a stretto contatto con persone disperate dalla ricerca del lavoro.
Non avevo vissuto giornate a stretto contatto con persone disoccupate da 2-3- 4 anni.
Curriculum meravigliosi. Esperienze decennali.
Non bastano.
Non è più sufficiente .

DEVI AVERE LO SPONSOR.

Il mio colloquio andò molto bene. Credo che fosse il miglior colloquio degli ultimi 10 anni. Vi giuro.
Sembravano interessati alle mie esperienze lavorative nel medesimo settore. Sembravano interessati alla mia vita in Tanzania e alle esperienze maturate li. Strette di mano e complimenti.
Ma …
Ma …
Ma …

Non avevo lo SPONSOR.

Eh   va bene così…cantava Vasco.
Non facciamone una tragedia. Non era neanche il posto della mia vita.
Del resto lo avevo messo in conto. Bisogna metterlo in conto.
Sponsor o no (non lo scopriremo mai) “sto matrimonio non s’aveva da fare”.
Dopo le prime 24 h di disappointment e metabolizzato l’accaduto mi son detta

 MASTICAZZI

Per quanto la parola non sia il massimo dell’eleganza devo dirvi che però ha un potente effetto liberatorio. E anche benefico.
Provare per credere.
Ovviamente dopo la prima settimana in Italia e dopo questo particolare evento volevo immediatamente fare le valigie e tornarmene in Tanzania.
Ma per svariati motivi ,tra cui lo studio, per un po’ DEVO rimanere in Italia.

I successivi colloqui sono stati meno traumatici.
Anche nelle altre selezioni però, tantissimi candidati.
Ed è li che ,parlando del più e del meno, si svelano nuove agghiaccianti scoperte.

Nei miei ultimi colloqui in Italia (parlo del 2003-2004) gli aspiranti lavoratori erano più o meno come me. Nel senso che avevano un diploma o una laurea, qualche esperienze all’estero e una conoscenza media di lingua Inglese.
Invece adesso ero circondata da plurilaureati, con tanto di master e dottorati ,alla ricerca di un qualsiasi lavoro.
In genere anche completamente opposto al proprio percorso di studi.

Ma quello che mi ha sconvolto erano le lingue straniere.
Su 10 candidati ben cinque parlavano Cinese  Mandarino, tre parlavano Arabo e due Russo.
Ovviamente mi vergognavo quasi a dire del mio Inglese e delle mie conoscenze di francese e spagnolo.Lingue che ormai impari se vai in vacanza per una settimana a Ibiza o a St Tropez.

Una situazione disarmante. E allarmante.

Nonostante ciò i miei colloqui sono andati bene e mi trovo nella fase “valutazione”  di cui parlavo poco fa.
Però sono stata anche fortunata. 
La fortuna gioca indubbiamente un ruolo importantissimo. Lo dice anche Woody Allen in un notissimo film che adoro (Match Point).

Anche se non parli il Cinese Mandarino.

E anche se non hai lo Sponsor.